Mille interpretazioni, mille vincitori e nessun vinto.
Si è concluso così il Congresso straordinario forense che da giovedì a
domenica ha visto riuniti a Verona oltre 850 avvocati, ma non i
rappresentanti dell’Ordine di Roma, delle Camere penali e
dell’Associazione italiana giovani avvocati».
Il pacchetto di modifiche
statutarie proposte dalla commissione Statuto è stato approvato solo
parzialmente. È cambiato tutto il Capo I (articoli da 1 a 5) con la
definizione del Congresso come «assemblea generale dell’avvocatura» che
determina la linea politica e che sarà convocato dal presidente del
Consiglio nazionale forense e non più dall’Assemblea dell’Organismo
unitario dell’avvocatura. Prima dell’articolo 1, è stato inserito (come
parte integrante dello Statuto ed è stato votato a grandissima
maggioranza) un “Preambolo”, nel quale si rinnova il «solenne patto di
solidarietà» per rilanciare la rappresentanza unitaria. Del Capo II, è
stata approvata una nuova versione dell’articolo 6 in cui si definisce
l’Oua: «l’organo al quale il Congresso conferisce la rappresentanza
politica ed il compito di realizzare i deliberati congressuali».
Tutte
respinte invece le proposte che puntavano a modificare il sistema
elettorale, il regime delle incompatibilità e il vincolo del doppio
mandato per i componenti dell’Assemblea Oua.
Per un’analisi dettagliata
dello Statuto bisognerà aspettare però la comunicazione ufficiale del
nuovo testo.
Tutti vincitori. Soddisfatto il presidente
del Cnf, Remo Danovi per il quale è stato confermato «come l’avvocatura si
senta rappresentata e garantita dalle sue istituzioni, e innanzi tutto dal
Cnf». Per Danovi vanno lette così sia la modifica sulla convocazione del
congresso, sia le mancate modifiche sull’incompatibilità tra componenti
dei consigli dell’Ordine e componenti dell’assemblea Oua (che è stata
ribadita) e sulle elezioni dei delegati al Congresso che una proposta –
respinta – voleva contestuali. «L’Oua – ha detto infine Danovi – deve fare
un grande sforzo per recuperare le associazioni che non hanno inteso
partecipare al Congresso. Forse non c’era bisogno di un anno di tempo per
limitare le modifiche ad aspetti tutto sommato marginali: si deve quindi
recuperare il tempo perduto per far avanzare i progetti dell’avvocatura
sulla giustizia e sulle professioni, perché il Paese ha bisogno del
contributo dell’avvocatura».
Per il presidente dell’Oua, Silvano
Berti: «la rappresentanza politica in capo all’Oua esce confermata e
rafforzata e su questo non c’è spazio ad equivoci e perplessità». Anche
per la delicatezza del Congresso di Verona per via del tentativo –
dichiara Berti – «di rimettere in discussione un modello, un metodo che
oggi gli avvocati hanno confermato nella forma e nella sostanza. È un
Congresso nel quale vincono solo gli avvocati la loro voglia di essere
protagonisti nella società italiana e nel rapporto con la politica. Da
oggi può iniziare una nuova fase di collaborazione vera tra tutti i
soggetti dell’avvocatura». Soprattutto, secondo il presidente dell’Oua,
esce confermato il cosiddetto “sistema misto” di rappresentanza fondato
sugli ordini e le associazioni.
Di tutt’altro avviso il commento della
giunta dell’Associazione italiana giovani avvocati, che non ha partecipato
polemicamente ai lavori veronesi (vedi in arretrati del 12 dicembre). In
un documento diffuso ieri ha rivendicato la scelta di non partecipare e
denunciare «un desolante Organismo che, invece di recuperare l’unitarietà,
perde rovinosamente pezzi per strada e prepara il deserto politico» che
secondo l’Aiga ha «toccato la sensibilità dei congressisti» poiché
«l’avvocatura ha bocciato il disegno politicamente miope della Commissione
Statuto». Considerazioni condivise anche dall’ex presidente Aiga,
Francesco Greco, che presente a Verona come delegato dell’Ordine di
Palermo, si è detto in piena sintonia con la decisione dell’Associazione
di non partecipare: «fossi stato ancora presidente avrei fatto la stessa
scelta »
Per l’Associazione nazionale forense, invece, a dispetto delle
assenze e delle contestazioni, da Verona emerge soprattutto la
«legittimazione del Congresso quale sede di formazione della volontà
della categoria, e dell’Oua, che ne è emanazione, quale strumento di
rappresentanza politica». L’Anf ribadisce il proprio «fermo rifiuto a condividere un
percorso soltanto ed unicamente associativo, che escluderebbe ogni altra
componente dell’avvocatura». Il segretario generale dell’associazione,
Michelina Grillo, che sottolinea con orgoglio come 12 delle 15 mozioni
presentate da Anf – sulla falsariga del lavoro della commissione Statuto –
siano state approvate, mette in evidenza un dato: «secondo quanto ci
risulta i delegati al Congresso che facevano riferimento all’Anf non erano
più di 50 su 519. Questo per chi dice che a Verona c’eravamo solo
noi».
Il modello federativo tra associazioni è, invece, rilanciato,
dalle Camere penali, «poiché l’Oua rappresenta un modulo bocciato
dall’avvocatura». Per il presidente dell’Ucp, Ettore Randazzo, il
Congresso di Verona ha respinto il progetto «di commistione tra ordini e
associazioni». Rivolgendosi al presidente dell’Oua, Randazzo chiede
«maggiore disponibilità nella sostanza delle proposte non solo nella
forme, perché l’Ucp non potrà mai accettare un sistema nel quale verrebbe
fagocitata».
Infine, l’Associazione nazionale praticanti e avvocati,
presente a Verona con il presidente Gaetano Romano, che pur ritenendo
ancora prematura «l’ipotesi di una adesione formale
dell’Associazione all’Oua», si è dichiarato favorevole ad «un organismo
politico che possa rappresentare tutta l’avvocatura» ed ha garantito «la
disponibilità dell’Anpa al confronto con l’Oua sui temi della
Giustizia».
Mimmo Torrisi