No
dei praticanti senza mezzi termini: il nuovo metodo è una corsa ad ostacoli
di Gaetano
Romano - Presidente Associazione nazionale praticanti e avvocati
La proposta del Consiglio
nazionale forense di un nuovo sistema di accesso alla professione forense,
trova l’Anpa assolutamente contraria ,non già sul piano della necessità di una
riforma unanimemente ritenuta come ormai improcrastinabile, bensì sotto il
profilo dei binari entro cui la stessa si muove.
Il nuovo percorso professionale di un aspirante avvocato si configurerebbe
quasi come una “corsa ad ostacoli”, rappresentati da una pluralità di prove
preliminari,colloqui,esami di ammissione,disseminati ovunque sul “terreno
minato” della formazione professionale.
Invero il giovane laureato dovrebbe dapprima superare un primo colloquio (rectius
un esame orale di abilitazione “anticipato”), vertente su tutte le più
importanti materie di diritto sostanziale e processuale,successivamente
frequentare un corso di formazione annuale, a sua volta soltanto propedeutico
al tirocinio biennale forense vero e proprio.
L’articolato si propone altresì di degradare immotivatamente il diritto al
patrocinio legale del praticante avvocato, alla possibilità di un patrocinio ratione
materiae limitato al giudice di pace ed addirittura subordinandolo alla
espressa delega (leggi discrezionalità) del dominus di riferimento.
Ma anche qualora il tirocinante riuscisse a superare siffatto complicatissimo
iter di “preidoneità”, dovrebbe essere sottoposto ad una ulteriore inutile
prova preliminare, strutturata allo stesso modo del susseguente esame di
abilitazione vero e proprio caratterizzato peraltro dalla impossibilità di
consultare i codici commentati nella prova scritta, sia dalla previsione di una
prova orale su “almeno” cinque materie.
Si noti anche l’inopportunità di conferire al titolare dello studio, il compito
di attestare il compiuto tirocinio.
L’Anpa non approva per nulla la figura di un “praticante ostaggio”, ora della
discrezionalità di diverse commissioni, ora del dominus, ora del
Consiglio dell’Ordine locale che può denegare il nulla osta al trasferimento,
richiesto dal tirocinante, in un altro Consiglio dell’Ordine.
In tale contesto risulta perfino marginale anche il percorso “facilitato” per
coloro i quali frequenteranno le scuole di specializzazione e le rinnovate
scuole forensi, dal momento che il conseguimento del diploma relativo, non
sarebbe neppure fungibile rispetto all’intero periodo di pratica legale.
Dovesse essere confermata una impostazione di riforma come quella suddetta,
l’Anpa si sentirà obbligata a portare in sede politica nazionale e comunitaria,
come ha già fatto per il famigerato Decreto Mirone del 1997, bloccandone
l’adozione, l’intransigente avversione della giovanissima avvocatura italiana
per la stessa proposta, affinché non venga resa operativa.
Siamo assolutamente certi che il Governo della Repubblica italiana non
avallerebbe in alcun modo un sistema di accesso “chiuso” alla professione,
quando in campagna elettorale ha per
converso sostenuto la necessità di una liberalizzazione del mercato (anche
professionale);una posizione diversa da
quella innanzi auspicata, come ad esempio è avvenuto attraverso l’ ingiusta
esclusione dei giovani avvocati dall’ elenco speciale per il gratuito
patrocinio, alimenterebbe un profondo dissenso anche presso i circa 50.000
tirocinanti (che rappresentano il futuro dell’avvocatura italiana) e nelle loro
famiglie, con riflessi ben prevedibili in termini elettorali.
Facciamo appello ai Consigli dell’Ordine locali, che rappresentano la diretta
emanazione anche dei giovani legali italiani, affinché possano dare un fattivo
contributo alla ideazione di un sistema “aperto”, che non debba incorrere negli
strali sia del Garante dell’Autorità per la Concorrenza ed il Mercato, sia del
Commissario Europeo dell’Antitrust.
L’Associazione Nazionale Praticanti e Avvocati oltre a rinnovare con ancora
maggiore forza la richiesta di approvazione del proprio sistema di accesso alla
professione forense contenuto nella proposta di legge 1202 presentata
dall’onorevole Luca Volontè (Udc) alla Camera dei Deputati, consegnerà al
Ministero della Giustizia una proposta di controllo del gravissimo problema
della pratica fittizia, redatto da una commissione ad hoc Anpa, il cui insediamento
era stato preannunziato nell’ultimo incontro avuto con il Sottosegretario alla
giustizia, onorevole Giuseppe Valentino.
In questa sede si ritiene infatti che sia l’immediata espulsione dal Registro
Speciale dei praticanti fittizi, sia l’adozione del numero chiuso alla facoltà
di giurisprudenza, permetterebbe di contrarre in modo considerevole il numero
dei tirocinanti e quindi selezionare ex ante il numero di neoavvocati.
L’Associazione Nazionale Praticanti e Avvocati rinnova ancora una volta la fiducia
nel Consiglio Nazionale Forense, affinché ripartendo dalla giusta adozione
delle indifferibili misure per contrastare il cosiddetto “turismo forense”,
possa rimodulare un sistema di accesso capace di coniugare rigore ed equità.