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Tipologia: Articoli - Data pubblicazione su Diritto e Giustizia: 7/12/2002
Articoli Praticanti: il patrocinio "sul campo" per tre anni rende inutile l'esame


Riformare gli esami senza discriminare i praticanti. Il presidente dell’Associazione nazionale praticanti e avvocati (Anpa), Gaetano Romano, dice sì - con qualche distinguo - alle modifiche annunciate dal presidente del Cnf, Remo Danovi: «puntare sulle scuole forensi e universitarie è giusto, non siamo d’accordo sulla riduzione delle sedi d’esame. Non c’è differenza tra venticinque commissioni sparse per l’Italia e venticinque commissione riunite in quattro sedi. Non è questo il modo di garantire maggiore omogeneità di risultati. E soprattutto prevedere un percorso “agevolato” per pochi e uno “normale” per tutti gli altri, crea una discriminazione inaccettabile».
All’obiezione che le scuole non potranno mai accogliere tutti i praticanti (attualmente la stessa Anpa li valuta in 50mila), Romano risponde chiedendo «una riqualificazione della professione a partire dalla pratica. Oggi nel 70-80% dei casi la pratica è fittizia. Fatta cioè da persone che non intendono fare gli avvocati. Si potrebbe ripartire da qui per ridurre il numero dei candidati».
Numero elevato anche in ragione, secondo Romano, delle differenti percentuali di promozione agli esami: «la tendenza attuale a livellare verso il basso le percentuali di abilitati non può che produrre una massa enorme di praticanti. Peraltro, a fronte delle persistenti disomogeneità è difficile biasimare il cosiddetto “turismo forense”. Anche se noi non facciamo nulla per incoraggiarlo.».
La strada scelta dall’Anpa per far passare le proprie idee è quella istituzionale del dialogo con le rappresentanze dell’avvocatura e del colloquio diretto con le forze politiche. Rinunciando ad azioni eclatanti, come ad esempio lo “sciopero del praticante”, proclamato per il prossimo 20 dicembre da un gruppo di praticanti estraneo all’associazione.
In nome di questa filosofia, ad inizio legislatura l’Anpa ha elaborato una proposta legislativa di modifica dell’accesso, presentata poi alla Camera dal capogruppo dell’Udc, Luca Volonté (Ddl C-1202). Il progetto prevede, accanto al tradizionale meccanismo basato sui due anni di pratica e seguito da un esame di Stato, un sistema alternativo: due anni di pratica che diano automaticamente il titolo di «procuratori legali abilitati» ad esercitare il tirocinio davanti ai tribunali del distretto. Poi, dopo tre anni di esercizio effettivo e continuativo della professione «documentato, controllato dal consiglio dell’Ordine e certificato anche dall’iscrizione alla Cassa di previdenza e assistenza forense», i “procuratori legali abilitati” potranno iscriversi all’Albo professionale degli avvocati. Senza sostenere, quindi, alcun esame: «sul presupposto della equipollenza tra l’esame di Stato e l’attività di patrocinio legale, come affermato dalla sentenza 5/1999 della Corte costituzionale». Sentenza che afferma: «il legislatore può stabilire che in taluni casi si prescinda dall’esame di Stato (sentenza n. 127/85) quando vi sia stata in altro modo una verifica di idoneità tecnica e sussistano apprezzabili ragioni che giustifichino l’eccezione».
Nella proposta di legge si chiede anche di abolire i vigente limite di 6 anni per l’esercizio del patrocinio.
All’ultimo congresso di luglio, l’Associazione ha deciso di accogliere tra i propri iscritti oltre ai praticanti anche agli avvocati con meno di tre anni d’iscrizione all’Albo. Una scelta dettata dall’esigenza di evitare le conseguenze negative di un turn over costante ma che ha anche prodotto l’effetto di allargare gli orizzonti di interesse: dal gratuito patrocinio alla difesa d’ufficio, alla riforma delle libere professioni. «Chiediamo la rapida approvazione del “Ddl Pecorella” per la riduzione a 2 anni del limite attualmente di 6 anni d’iscrizione all’Albo per essere inseriti nelle liste del gratuito patrocinio, equiparandolo alla difesa s’ufficio. E sulla riforma delle professioni siamo favorevoli alle proposte, che anche noi abbiamo sottoscritto, del Cnf e degli Ordini. È importante che i criteri generali siano validi su tutto il territorio nazionale».
Sul ruolo degli ordini e sulle prospettive della professione, il giovane presidente Romano si rivela più “tradizionalista” di molti suoi colleghi anziani: «l’Ordine non si discute, è nella storia del nostro Paese. Siamo anche contrari alla strutturazione aziendale della professione e sulla pubblicità, siamo favorevoli purché non si snaturino le caratteristiche della professione».(m.t.)



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