ILL.MO SIG. GIUDICE MONOCRATICO DI MESSINA

I SEZIONE PENALE

 ECCEZIONE DI ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE

 ai sensi degli artt.134 Cost. e. 23  legge 11.03.1953 n. 87 

 Udienza Dibattimentale del 10.11.2005 AULA E

   

 Il sottoscritto Avv. Gaetano Romano, quale difensore del Sig …………….nato a ….il …… residente in Via , imputato nel proc. pen. N….. R.G.N.R.,

 intende eccepire incostituzionalità dell’ art. 157 comma 8 bis (siccome introdotto  dal testo coordinato del DL 21 febbraio 2005 n. 17, recante disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna,convertito dalla legge n. 60 del 22 aprile 2005 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2005) per violazione degli artt 24 comma 2 e 111 della Costituzione, nonché dell’art.6 par. 3 lett c della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali,dell’art 14 par. 3 lett d Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici nella parte in cui non prevede che anche le successive notifiche all’imputato non detenuto - che abbia previamente dichiarato od eletto domicilio - debbano continuare ad essere anche ivi eseguite e non esclusivamente  presso il domicilio del suo difensore.

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Premesso quanto sopra, si solleva formale pregiudiziale costituzionale della disposizione indicata in epigrafe nella misura in cui le nuove modalità di notificazione previste non permettono di asseverare con la dovuta certezza la conoscibilità in concreto da parte dell’imputato circa le vicende afferenti il processo penale in corso nei suoi confronti.La medesima normativa risulta profondamente contraria alla dichiarata volontà della relazione introduttiva del DL - poi convertito nella legge in argomento - di adeguarsi ai principi della Convenzione e della Corte Europea dei diritti dell'Uomo. Il vero paradosso che informa questa innovazione legislativa  riposa infatti nel fatto che – come detto-  la medesima è stata emanata sull’onda delle pressioni provenienti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che con due sentenze ha solennemente condannato l’Italia in tema di contumacia (la prima nel caso Somogyi contro Italia del 18 maggio 2004  - ricorso 67972/01 e la seconda, forse più importante, relativa alla questione Sejdovic  contro Italia - ricorso n. 56581/00 del 10 novembre 2004). Le due sentenze della Corte di Strasburgo appena citate hanno riconosciuto l'Italia responsabile per violazione dell'art. 6 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali firmata a Roma nel 1950 e resa esecutiva in Italia dalla L. 848/55.Com’e noto l'art. 6 CEDU stabilisce il diritto di ogni uomo ad un "processo equo", intendendosi con questo termine un processo che fornisca garanzie minime stabilite dalla stessa convenzione.Più specificamente il terzo paragrafo della norma in esame, quello precipuamente individuato come violato dall'ordinamento italiano dalle sentenze in esame, stabilisce diversi principi fondamentali che corrispondono ad altrettanti diritti dell'imputato:

1) Diritto ad essere informato, dettagliatamente, in una lingua comprensibile e nel più breve tempo possibile del contenuto delle accuse mossegli;

2) Diritto a disporre di un tempo adeguato per preparare la difesa;

3) Diritto a difendersi personalmente o per il tramite di un difensore, di fiducia o d'ufficio;

4) Diritto ad interrogare o fare interrogare i testimoni a carico e ottenere citazione e interrogatorio dei testi a discarico

5) Diritto a farsi assistere gratuitamente da un interprete

Vi è quindi, sostanzialmente, un diritto fondamentale dell'imputato ad essere informato delle accuse mossegli e a partecipare al relativo giudizio. Il diritto a partecipare al giudizio "pur non espressamente menzionato al paragrafo 1 dell'art. 6 deriva dall'obiettivo e dalla finalità dell'articolo nel suo insieme" (così la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo in proc. Sejdovic).Sono i principi che sono stati trasfusi nel nuovo art. 111 Cost. sul "giusto processo".Nel caso  Somogyi la Corte ha deciso – tra l’altro - che [il processo in absentia non è incompatibile con l'art. 6 CEDU, purché l'imputato abbia avuto effettiva conoscenza del suo procedimento e sia inequivoca la sua rinuncia a comparire…].Non sono cioè sufficienti, per la Corte Europea, le "presunzioni" di conoscenza, le "finzioni giuridiche" di cui è pieno il diritto italiano a garantire la conoscenza effettiva delle accuse e l'inequivoca rinuncia a partecipare al processo. La CEDU nella sentenza Sejdovic afferma che "avvisare una persona del procedimento avviato a suo carico costituisce un atto giuridico di un'importanza tale da dover rispondere a condizioni formali e di merito poste a garanzia dell'effettivo esercizio dei diritti dell'imputato, come si evince, del resto, dall'art. 6, § 3 a) della Convenzione.Se è stata riconosciuta una evidente violazione dei principi del "giusto processo" financo quando si è fatta discendere la perdita del diritto alla “presenza”, nel caso - pur censurabile - dell' imputato che non abbia provveduto a comunicare la variazione del proprio domicilio all' autorità giudiziaria procedente, in quanto tale conseguenza è "manifestamente sproporzionata" rispetto a detta omissione, "tenuto conto della posizione preminente che il diritto ad un processo equo occupa in una società democratica" (sentenza 28 agosto 1991, F.C.B. contro Italia), a fortiori si avrà pari violazione nel caso in cui l’imputato non abbia mai mutato la propria residenza presso cui è stato quindi fissato il luogo ove effettuare le notificazioni  ed ove quindi si confidava giustamente che gli venissero notificate tutte le successive comunicazioni giudiziarie.

Bisogna muovere da queste affermazione in diritto della Corte per capire quando la conoscenza del procedimento possa e debba ritenersi "effettiva": la conoscenza del procedimento è effettiva quando il mezzo con il quale è stata attuata è idoneo a garantire che il soggetto sia stato posto nelle condizioni per esercitare "effettivamente" i diritti previsti dall'art. 6 CEDU e, per quanto riguarda il diritto italiano, i diritti stabiliti dall'art. 111 Cost. che individuano il "giusto processo". Si tenga presente che la disposizione censurata - contrastando perfino con le norme pattizie indicate in epigrafe che com’è noto sono immeditamente applicabili nell’ordinamento italiano ex art 10 Cost  - violerebbe altresì il preambolo dell' art. 2 della legge di delegazione del 16 febbraio 1987, n. 81 ("Il codice di procedura penale deve attuare i principi della Costituzione e adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall' Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale"), e quindi gli artt. 76 e 77 della Costituzione, per non avere il legislatore delegato rispettato i criteri direttivi della delega.

Una prima interpretazione della normativa prenderebbe le mosse da una ovvia ma non banale osservazione e cioè che trattasi di disposizione inserita al fondo di un articolo rubricato “Prima notificazione all’imputato non detenuto “ che consta di otto commi e che invece di essere indicato come comma 9 è indicato come 8 bis.Ciò parrebbe sottolineare la liaison con il comma 8 e perciò con tutto il sistema della prima notifica all'imputato non detenuto nel caso in cui non sia stato possibile consegnare personalmente la copia che giunge fino all’ultima modalità esperibile ovvero la notifica depositata presso la Casa del Comune dove l'imputato ha l'abitazione, o, in mancanza di questa, del Comune dove egli esercita abitualmente la sua attività lavorativa  con correlato invio di raccomandata.Se così si interpretasse la norma in esame ne discenderebbe che quando la prima notifica sia stata effettuata ai sensi del comma 8 dell'art. 157 c.p.p., per le successive non si debba ripetere tutta la faticosissima attività svolta per la prima notifica, ma sia sufficiente la notifica al difensore di fiducia eventualmente nominato. Ragionando coerentemente alla presente esegesi della norma, qualora per converso la prima notifica fosse avvenuta con consegna alla persona ex art. 157 co. 1 c.p.p perché l'imputato non detenuto è stato reperito presso la sua abitazione ed egli, a norma dell'art. 161 co. 2, abbia dichiarato domicilio proprio presso la sua abitazione ( proprio il caso del mio assistito) anche le notifiche successive alla prima dovranno essere effettuate in quel luogo.Tale interpretazione avrebbe il grande pregio di non sostituire a una notifica portatrice di una conoscenza "effettiva" (quella all'imputato che viene reperito) una notifica "presuntiva" della conoscenza (quella al difensore di fiducia), venendo così la norma in questione a rispondere ai dettami della Convenzione e della Corte Europea dei diritti dell'Uomo.La notifica ex art. 157 co. 8 bis sarebbe pertanto "residuale", da effettuarsi solo ove la prima notifica sia stata realizzata attraverso la faticosa attività prevista dai commi precedenti del medesimo articolo.La relazione introduttiva al Dl n.17/2005 poi parla espressamente di “due nuove disposizioni agli articoli 157 e 161 del codice di procedura penale, allo scopo di rendere più celeri e sicure le notificazioni all’imputato non detenuto che abbia nominato un difensore di fiducia, senza provvedere a dichiarare o eleggere domicilio ai sensi dell’articolo 161. In questi casi, è previsto che le notificazioni siano eseguite presso i difensori.” Da ciò si desumerebbe che nel caso in cui il difensore previamente abbia dichiarato od eletto domicilio, le successive notifiche dovranno essere fatte presso il luogo indicato e non presso il difensore di fiducia.Tale esegesi non appare avere ispirato le modalità di notificazione del nostro caso specifico, atteso che la prima notifica al mio cliente – in occasione dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari ex art 415 bis – era avvenuta brevi manu presso la residenza del mdesimo Sig. ……. e quindi non poteva essere eletto domicilio ope legis presso il difensore come invece appare essere avvenuto ex art. 157 comma 8 bis cpp.

Se invece si vuol prescindere non solo dalla numerazione “bis” ma anche dalla rubricazione “Prima notificazione all’imputato non detenuto”, a dire il vero inconferente con la nuova normativa che invece – secondo questa nuova interpretazione - sembrerebbe riguardare la successiva notifica alla prima,con il comma 8 bis di cui all'art. 157 c.p.p. sarebbe stato sostanzialmente introdotto il principio secondo il quale in caso di nomina di difensore di fiducia, le notifiche, successive alla prima,dovrebbero in qualunque caso essere effettuate mediante consegna al difensore di fiducia.Ne conseguerebbe che eventuali responsabilità afferenti difficoltà od impossibilità a rintracciare l’imputato verrebbero incredibilmente  a ricadere sul difensore.Benvero quest’ultimo- presso cui solo viene operata la notifica - pare essere stato onerato di fatto a fare da tramite con il proprio imputato rendendolo edotto delle fattispecie relative alle comunicazioni giudiziarie di cui al processo in corso. Non è tuttavia in alcun modo certo che il difensore possa comunicare all'imputato tutti gli atti che riceve per suo conto.Ciò può avvenire in primo luogo ed in linea meramente teorica per impossibilità (ad esempio nel caso non infrequente in cui si siano persi tutti i contatti con l'assistito visto fugacemente magari anni prima) oppure anche per negligenza del difensore. Si è finito incredibilmente per aggravare una delicata posizione processuale dell’imputato che per converso ha diritto a sapere del procedimento a suo carico direttamente e non attraverso il proprio difensore. Di tal guisa nel caso di specie il Sig…… – oggi contumace – non è stato evidentemente in grado di conoscere la data ed il luogo del dibattimento odierno con grave lesione del diritto di difesa costituzionalmente garantito,nonché dei principi dell’equo processo. Ma anche qualora il Sig…… avesse avuto per mera ipotesi conoscenza in qualunque modo del procedimento si aggiunga che la CEDU ha più volte precisato come non sia sufficiente ad evitare che si violi la Convenzione, che il procedimento risulti indirettamente noto all’interessato (vedi sentenza Colozza  del 12.02.1985 e T. contro Italia del 12.10.1992).In quest’ultima sentenza la Corte ha sottolineato infatti non solo come non si eviti una constatazione di violazione della presente garanzia con la sola prova che l’interessato abbia avuto una conoscenza ,”vaga e non ufficiale” dell’accusa ma che l’avvisare qualcuno del procedimento intentato contro di lui costituisce un atto d’importanza tale da dovere rispondere a condizioni di forma e di sostanza idonee a garantire l’esercizio effettivo dei diritti dell’accusato”.Nondimeno la CEDU ha più volte fatto presente l’obbligo che grava sull’autorità procedente,di adoperarsi con ogni diligenza per accertare l’effettivo consenso dell’interessato ad essere giudicato in sua assenza (vedi CEDU 28.08.1991 ,FCB c. Italia).Lo scrivente  ha benvero accettato di ricevere a mezzo del servizio postale la notifica relativa al deposito della copia della comunicazione giudiziaria presso la locale Casa del Comune, ma tale procedura ( preceduta dai due “accessi” previsti per legge) appare tra l’altro quantomeno irrituale nella misura in cui sembra essere espressamente prevista ex lege solo per quanto riguarda l’imputato non detenuto e pertanto non appare suscettibile di essere ragionevolmente estesa anche al difensore, peraltro nominato illegittimamente domiciliatario ope legis.Tale iter potrebbe quindi risultare in ipotesi forse coerente ,nonché conforme a legge, solo nella prima ipotesi di interpretazione succitata della normativa ,non certo nella presente.E’ purtuttavia anche da evidenziare come la possibilità di rifiutare la notifica, prevista dal nuovo comma 8 bis, non sia espressamente inserita nella comunicazione giudiziaria notificata,né il difensore il quale riceve la notifica può sapere quale tipo di procedura si stia seguendo al fine della valutazione della possibilità della comunicazione all’autorità prevista ex art. 157 comma 8 bis. Invero nella notifica consegnata brevi manu si fa riferimento all’applicazione in linea generale dell’art 157 cpp, e non più specificamente – come si dovrebbe - al comma 8 bis della medesima normativa. Nondimeno la persona adibita materialmente alla notifica non è tenuta dalla legge a comunicare al notificato la possibilità del “rifiuto della notifica”, né ciò – si ripete - è desumibile dall’atto notificato. Per l’effetto il difensore, non potendo ragionevolmente ricordare le dichiarazioni e/o le elezioni di domicilio di tutti i suoi assistiti,  può solo supporre – al momento della modifica - che il proprio cliente abbia eletto domicilio presso di lui. Nondimeno bisogna anche tenere conto che al momento precipuo della notifica la norma non prevede che il notificante debba avvertire che è possibile rifiutare la notifica,dopo di che si dovrà procedere nei modi ordinari, né tale avvertimento è presente nella comunicazione giudiziaria medesima. Peraltro, come sopra evidenziato, in questa fattispecie si è seguita una modalità di notificazione a dir poco irrituale e non si poteva certo presumere quella discendente dall’art 157 comma 8 bis.Invero la dinamica dell’avvenuta notifica avrebbe potuto fare pensare all’applicazione del comma 4 dell’art 161, anorché evidentemente errato atteso che  -si ripete –  la residenza del cliente – chiaramente dichiarata dallo stesso ai sensi del comma 1 dell’art. 161 cpp - è rimasta sempre la medesima e quindi nessuna relativa revoca è avvenuta. Si aggiunga altresì che lo scrivente ha potuto conoscere  nel caso che ci occupa circa l’applicazione dell’ art. 157 comma 8 bis solo successivamente ed a seguito di zelante consultazione del fascicolo del dibattimento alla vigilia dell’odierna udienza..Solo da questo momento sarebbe stato in teoria possibile usufruire dalla facoltà di rifiutare la notifica a mezzo comunicazione all’”autorità che procede”.Anche qui il dato testuale peraltro è assai controverso in quanto non solo non si comprende se con tale dizione si faccia riferimento al notificante o all’autorità giudiziaria, ma nemmeno cosa si intenda con la dizione “immediatamente”.L’utilizzo di tale locuzione temporale – peraltro di anfibola interpretazione - farebbe pensare ad una comunicazione da doversi fare direttamente a colui il quale opera materialmente la notifica, in quanto è impensabile adoperarsi “immediatamente” nei confronti dell’autorità giudiziaria.Non si comprende infine come possa essere in ogni caso rifiutata - quindi asseritamente impedendone l’efficacia - una notifica che si è già perfezionata ex lege, ovvero dal momento del ricevimento della raccomandata che rappresenta l’ultimo adempimento procedurale (Cass, sez. I, sent. 2-12-1992, n 4206).Ed anche volendo omettere tutto quanto sopra, è accettabile attribuire questo pesantissimo onere al difensore, ovvero per ipotesi dover comunicare – per ogni processo – il rifiuto di rito della notifica? E’ evidente come il difensore non possa permettersi di non accettare una notifica che in ipotesi potrebbe risultare corretta e quindi rischiare di danneggiare il proprio cliente. A dimostrazione del fatto che la normativa in tema ha avuto un parto assai “travagliato” si  ponga mente che in sede di conversione del DL e più specificamente in sede di Commissione parlamentare, era peraltro stato modificato il tenore della norma nella misura in cui si limitava la portata della medesima al caso in cui “l'imputato non abbia eletto o dichiarato domicilio e che il difensore, avutane conoscenza, dichiari tempestivamente di non accettare la notificazione”.Il fatto che poi l’inciso “l'imputato non abbia eletto o dichiarato domicilio e che il difensore, avutane conoscenza” sia caduto in sede di approvazione conferma la consapevolezza della assai dubbia costituzionalità della norma, nonché volontà presumibile di sacrificare la “certezza della notificazione” e quindi la “permeabilità” all’incostituzionalità a scapito  delle ragioni di economicità e della “rapidità”. E’ altresì evidente il mancato coordinamento interno tra le varie disposizioni in tema ovvero il fatto che il decreto che dispone il giudizio reca ancora la dizione “ dispone la notifica del presente decreto agli imputati contumaci ed alla persona offesa almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio” e quindi prevede ancora – per sua espressa dizione - la notifica all’imputato contumace, non al Suo difensore.Si aggiunga che l’art 2 della legge in epigrafe reca anche il nuovo art 161 comma 4 bis che prevede che “in caso di nomina di difensore di fiducia ai sensi dell'articolo 96, le notificazioni alla persona sottoposta alle indagini o all'imputato, che non abbia eletto o dichiarato domicilio, sono eseguite mediante consegna ai difensori”. Dal combinato disposto delle due norme appare una evidente contraddittorierà tra i due articoli nella misura in cui quest’ultimo farebbe “rientrare” dalla finestra l’obbligo della notifica al domicilio del cliente che abbia previamente eletto o dichiarato  domicilio.Volendo ancora inquadrare la nuova normativa nell’alveo del sistema legislativo in materia, è da evidenziare come essa si ponga in contrasto, o meglio in situazione di mancato coordinamento, con l'art. 161 co. 2 c.p.p.Quest'ultimo infatti prevede che (anche) in caso di primo atto notificato all'imputato (situazione sovrapponibile all'art. 157 c.p.p.) si inviti l'imputato a dichiarare o eleggere domicilio, avvisandolo che in caso di omessa comunicazione di variazione del domicilio dichiarato o eletto, le notifiche successive (situazione sovrapponibile al 157 co. 8 bis c.p.p.) verranno effettuate "nel luogo in cui l'atto è stato notificato".L'omissione dell'avviso di cui sopra è, ai sensi dell'art. 171 co. 1 lett. e), causa di nullità della notifica quando questa è stata eseguita mediante consegna al difensore. Ora, appare ovvio che, ove fosse corretta l'interpretazione testè analizzata dell'art. 157 co. 8 bis c.p.p., anche gli avvisi dovuti a pena di nullità previsti dall'art. 161 co. 2 c.p.p. avrebbero dovuto essere modificati. L'imputato avrebbe dovuto essere avvisato, in sede di prima notifica, che l'omissione di comunicazione del domicilio dichiarato comporta il fatto che le successive notifiche verranno effettuate nel luogo in cui l'atto è stato notificato solo in caso di difesa d'ufficio o di fiducia che rifiuti le notifiche successive alla prima.Ciò in quanto in caso di difensore di fiducia che non rifiuta la notifica vi sarebbe piena applicazione dell'art. 157 co. 8 bis c.p.p., con notifica al difensore di fiducia medesimo.In alternativa  i medesimi avvisi dovuti a pena di nullità previsti dall'art. 161 co. 1 c.p.p. avrebbero dovuto essere modificati o rinnovati conformemente ai due nuovi commi introdotti.Invero l'imputato in sede di “primo atto compiuto con l’intervento della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato non detenuto né internato è stato invero solo avvisato “a dichiarare uno dei luoghi indicati nell’art. 157 comma 1 ovvero a eleggere domicilio per le notificazioni, avvertendolo che, nella sua qualità di persona sottoposta alle indagini o di imputato  ha l’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore”.Nel caso di specie il domicilio del cliente – dichiarato innanzi alla sezione di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri in data 08.04.2004 - non è mutato, né è stato revocato per cui il medesimo ha naturalmene confidato che le notifiche gli venissero fatte ancora presso la Sua residenza, non avendo ricevuto alcuna altra comunicazione diversa da parte di alcuno.Si è così dato luogo ad una mancata conoscenza da parte dell’imputato – oggi incolpevolmente contumace  della data dibattimentale.Pur volendo prescindere dall’imprescindibile termine dei 20 gg previsti dalla legge, l’odierno imputato si è trovato nelle condizioni di non conoscere la notizia dell’ odierna fase  dibattimentale.

E’ ormai chiaro che mentre si è opportunamente dato il via ad una modifica dell’art. 175 cpp per favorire la restituzione in termini dell’imputato, paradossalmente l’Italia - per quanto riguarda la regolamentazione delle notifiche –  ha operato nel medesimo testo legislativo delle innovazioni largamente in pejus per l’imputato. E’ stato infatti rimproverato all'ordinamento italiano di avere troppe "presunzioni legali di conoscenza" e attraverso questa norma se ne introdurrebbe una ulteriore di portata amplissima. La rinnovata possibilità di restituzione in termini all’imputato di cui all’art 175 cpp ovviamente non può in alcun modo scriminare – a parere dello scrivente - l’ evidente contrarietà della norma in contestazione specie ai principi del giusto processo; invero non può più essere tollerata in linea generale la presenza di una normativa sì evidentemente non conforme ai principi Costituzionali.

Alla luce delle antescritte deduzioni, nonché al fine di verificare definitivamente l’assai dubbia costituzionalità della norma e con l’obiettivo di evitare degli inutili processi in contumacia (vedi successiva richiesta in termini di cui al nuovo art 175 cpp), oltretutto precedute da inevitabili declaratorie di nullità assolute delle notificazioni ai sensi dell’art .171 comma 1 lettera e si confida nell’accoglimento della presente eccezione di incostituzionalità dell’ art. 157 comma 8 bis per violazione degli artt 24 comma 2 e 111 della Costituzione,nonché delle normative comunitarie ed internazionali indicate in epigrafe.

Appare pertanto apodittica la non manifesta infondatezza della pregiudiziale de qua, che è il minimo margine di discrimine tra l’accettazione o meno di un’ eccezione di incostituzionalità.Si richiede pertanto la inevitabile conseguente formale trasmissione ex lege degli atti alla Corte Costituzionale, nonché la sospensione del giudizio in corso, previo adeguato stralcio processuale.

Messina 07.11.2005

Avv. Gaetano Romano